BEATA FRANCESCA DI AMBOISE
1427 – 1485
Memoria facoltativa (in Francia), 5 novembre
Nacque probabilmente a Thouars il 28 sett. 1427 da Luigi, visconte di Thouars e Maria di Rieux dei baroni d’Encenis. Promessa sposa appena quattrenne a Pietro, secondogenito del duca di Bretagna, passò il resto della sua giovinezza presso la futura suocera Giovanna, sorella di Carlo VII, re di Francia, la quale le impresse quello spirito profondamente cristiano ricevuto dagli insegnamenti di s. Vincenzo Ferreri. Pietro, essendogli premorti il padre e il fratello maggiore, ascese al trono ducale di Bretagna ed insieme con F. fu incoronato nella cattedrale di Rennes nel 1450. L’influsso benefico sul duca, suo marito, sull’andamento della corte e delle cose di stato fu profondo ed i sette anni del suo governo saranno ricordati presso il popolo come «i tempi della beata duchessa».
Rimasta vedova nel 1457, nonostante le pressioni paterne e del re di Francia, non solo si oppose alle seconde nozze, ma si orientò verso la vita religiosa. Dopo ripetuti colloqui con il b. Giovanni Soreth, priore generale dei Carmelitani, si decise per il Carmelo, mettendo a disposizione i propri averi per la fondazione del primo monastero carmelitano femminile in Francia: esso sorse a Bondon, presso Vannes, nel 1463, con le monache che il b. Soreth aveva fatto trasferire dal monastero di Liegi. Ad esse il 25 marzo 1468 si unì F., che volendo colmare la distanza sociale con le consorelle, chiese loro che sostituissero il titolo di duchessa con quello di «ancella di Cristo».
Nel 1477 fondò, sotto la protezione della Madonna des Couëts (de Scotiis), un secondo monastero a Nantes, che due anni dopo accolse le monache rimaste dell’ex-monastero di Bondon. Per tali fondazioni e per l’influsso sulla legislazione adottata nel suo ed in altri Carmeli francesi, viene riconosciuto a F. il titolo di fondatrice delle Carmelitane in Francia. A lei si deve l’introduzione della pratica della Comunione frequente (e per le malate anche quotidiana) e l’imposizione per voto, sotto pena di scomunica, della strettissima clausura che impediva sia l’accesso al monastero a tutte le persone estranee (comprese le donne), sia l’uscita delle monache dal recinto claustrale. Con tale voto anticipò di un secolo la legislazione di s. Pio V e preservò le sue religiose da quei danni che la mancanza di clausura produsse in altre parti.
Morì a Nantes il 4 novembre 1485. Durante la Rivoluzione francese le monache furono costrette ad abbandonare il convento, i ricordi della beata furono dispersi e il corpo venne profanato. Le si attribuiscono alcune istruzioni claustrali, il cui ms. sarebbe andato perduto, ed alcune meditazioni pubblicate da Christophe Le Roy. Il suo culto venne riconosciuto da Pio IX il 16 luglio 1863. Si suole raffigurare con gli occhi rivolti al Crocifisso che tiene nelle mani; sul suo abito carmelitano porta la cappa di ermellino (invece che di lana) per ricordare il suo rango di duchessa.
(Claudio Catena, in Santi del Carmelo, a cura di L. Saggi o.carm, Roma 1972)
Dalle «Esortazioni alle sue monache» della beata Francesca
Qualsiasi sofferenze e inquietudini abbiate nei vostri cuori, portatele più benevolmente che possiate, e pensate che è la vostra croce. Aiutate Nostro Signore e portatela con lui, di buon cuore e volentieri, perché se ne avete una, qualunque essa sia, è possibile che in futuro ne abbiate un’altra più pesante da portare. Attraverso una solida fede e speranza nell’aiuto di Dio, si vince la tentazione. Non bisogna affatto scoraggiarsi e fermarsi nel cammino, ma farsi coraggio. Pensate alle pene e alle grandi tentazioni che i santi Padri hanno avuto e sopportato nel deserto. Le pene che soffrivano nello spirito erano per loro più faticose, senza paragone, delle penitenze e austerità corporali. Se uno non fosse tentato, non si saprebbe se ha qualche virtù. Quindi contentatevi di ciò che piacerà a Dio. Lui non ci manda niente da soffrire, che non sia per il nostro bene. Gesù dice nel Vangelo: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso» (Lc 9,23), che significa dimenticarsi, non stimare nulla di sè, disprezzarsi e non avere nessun dispiacere di essere disprezzati dagli altri, ma anzi desiderarlo. Nostro Signore ci dice di prendere la croce per seguirlo, cioè sopportare la penitenza e i tormenti per amor suo, come lui ha portato la croce per amore nostro. Ma, vi supplico, non portatela come fece Simone il Cireneo. Quando Nostro Signore era sfinito per i molti colpi e tormenti chegli erano stati inferti, e i Giudei ebbero paura che morisse prima di arrivare al luogo dove doveva essere crocifisso, gli tolsero la croce perché non venisse meno, e la caricarono a Simone perché la portasse contro la propria volontà. E benché l’abbia portata, non ci morì come fece Nostro Signore, il quale spontaneamente e volontariamente la portò con amore, e vi morì rendendo l’anima a Dio, suo Padre. Sul suo esempio, fate come lui. Voi siete sulla croce della penitenza, portatela volontariamente fino alla fine, fino a morire su di essa, e rendere a Dio le vostre anime. Lodate e ringraziate Dio di avervi attirate al suo servizio. Non disprezzate nessuno. Abbiate bene in mente che il comandamento di Dio è amare come sé stessi il prossimo, e le sorelle, anche quelle che vi fanno o vi vogliono del male. Sopra ogni cosa, conservate la carità l’una verso l’altra, e mettetevi d’impegno per vincere le vostre passioni. Provate oggi un rimedio e domani un altro, e così arriverete poco a poco a vincere e superare le tentazioni. E quando Nostro Signore vedrà la vostra buona volontà e perseveranza, vi donerà la sua grazia e vi aiuterà a sostenere il vostro dovere di religiose fino alla fine, e nulla vi sarà difficile da sopportare per amor suo.